Interpreta un film ispirato all’alfabeto sentimentale di Roland Barthes. Ma del suo cuore l’attrice non vuole parlare troppo. Anche se ammette che una cosa le manca…
«È una ricerca che ci accompagna per tutta la vita, da quando nasciamo a quando moriamo. Parlo dell’assoluto, che è il tema del film». Juliette Binoche parla di Un beau soleil intérieur, che aprirà la Quinzaine des Réalisateurs, al Festival di Cannes.
Tratto dai Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes e adattato dalla scrittrice Christine Angot, il film «mette al centro una donna separata dal marito, che cerca negli uomini e nell’amore quell’assoluto di cui tutti abbiamo bisogno», spiega la protagonista.
Juliette ha 53 anni e – da come ne parla – sembra che questa ricerca sia anche la sua: dopo tanti amori, non nasconde che «il mio Graal è una vita di coppia vera, allungare una mano nel letto e sentire di avere un uomo a fianco, per vivere e creare assieme a lui».
Sembra che quest’uomo però l’abbia trovato. Chi è?
«Essere una vecchia attrice ha i suoi vantaggi: i giornalisti sanno tanto di noi, ma ci concedono il lusso di tacere i dettagli».
Inseriamo noi qualche dettaglio, allora. Lei adesso fa coppia con un suo ex. Che cosa si può aggiungere?
«Che non viviamo insieme, perché lui abita a Los Angeles».
Lei quindi è alla ricerca di un amore da condividere ogni giorno: è quello l’assoluto?
«Da giovani l’assoluto è legato all’eccesso. Droghe, alcol, sesso, politica, fanatismo religioso: tutti questi possono diventare gli strumenti sbagliati per calmare la sete di assoluto che ci divora. Crescendo, capiamo che non è all’esterno che dobbiamo cercare. L’assoluto è in noi».
Non nell’amore?
«Pensare di aver trovato l’amore della tua vita è un’illusione. Certo, è necessario avere complicità profonde. Ma nessuno è perfetto, meglio capire che gli altri – compresi i nostri partner – possono aiutarci a trovare ciò che cerchiamo dentro di noi, non in loro o nell’amore».
Per questo è tornata con un uomo che già conosceva?
«Tranquillità e serenità sono valori sempre più importanti per me».
Nel film, invece, non si accontenta di un solo partner.
«La ricerca del mio personaggio è spasmodica, diventa un’ossessione. E questo mette in una situazione destabilizzante di incertezza. Quando hai molta scelta, non sai più dove devi andare».
Come farà la sua Isabella a uscire da questa condizione?
«Incontrerà Gérard Depardieu».
Incontrare un uomo come lui può essere un obiettivo?
«Non penso, ma nel film di Claire Denis lui è un mago, predice il futuro, e mi guiderà».
Qualche anno fa, Depardieu la attaccò, dicendo: «Non capisco perché questa attrice sia stimata da tutti, visto che in realtà non ha niente». Come ha fatto a perdonarlo e lavorare con lui?
«Gérard è un impulsivo, come un bambino. Non ho mai immaginato di punirlo, ma di capirlo. In privato, ci eravamo già spiegati, ma non ho mai pensato di raccontarlo in pubblico».
Che cosa vi siete detti?
«Lo avevo incontrato al mercato, ci eravamo abbracciati. Lui si era giustificato dicendo di avermi attaccato perché lavoro con registi perversi, come Michael Haneke o Leos Carax. In realtà, la ragione era un’altra».
Ce la vuole dire?
«Avevo appena vinto la Palma di Cannes per la migliore interpretazione femminile, con Copia conforme di Abbas Kiarostami. Sono l’attrice francese più premiata (l’Oscar per Il paziente inglese, l’Orso d’argento a Berlino, la Coppa Volpi a Venezia, fra gli altri, ndr), e il suo è stato un attacco di gelosia. È un sentimento che suscito in molte persone. Spesso questo mi ha fatto soffrire. E non parlo degli uomini, di una gelosia sentimentale, ma di una vera e propria invidia».
Come è finita con Depardieu?
«Tutto si è risolto nel migliore dei modi, la nostra amicizia si è rafforzata dopo quell’episodio. Non sono una che porta rancore, credo profondamente nella trasformazione dei rapporti».
È contenta di tornare a Cannes?
«Felice. In questo festival sono nata, nel 1985, con Rendez-vous di André Téchiné, che vinse il premio per la regia. Qui ho provato le emozioni più forti, ho fatto tanti incontri, ma anche ora che sono cresciuta trovo sia l’occasione più interessante al mondo per vivere il cinema».